LA VOCE DEL BORGO
Newsletter ufficiale del Borgo della Musica
No 2 Gennaio 2022
In questo numero:
- Docente del mese - Marco Mainini, chitarra
- Studente del mese - Massimo Tumminia, chitarra
- Editoriale: le "gare in musica", Talent e simili
- Gli aneddoti della musica
- I cantautori "rock" degli anni .70
- News dalla piazzetta del Borgo
- ..e altro!
Dalla scrivania di Paolo
Le “gare” in musica
(Talent, reality e concorsi)
Spesso mi viene chiesto un parere sui talent di argomento musicale (Xfactor e simili). La risposta non è mai semplice, perché coinvolge diversi aspetti: da quello “legale” (diritti d’immagine e d’autore, compensi) a quello psicologico-artistico. Qui tralascio volutamente quello legale perché non interessante per il pubblico, ma se qualcuno volesse approfondire l’argomento può scrivermi e sarò felice di rispondere.
Parliamo quindi dell’aspetto psicologico: cosa si trova ad affrontare un ragazzo che decida di partecipare ad un talent (o anche solo ad uno dei numerosi contest di canto)?.
Innanzitutto si trova in una sorta di “competizione”, con ammissioni ed esclusioni, classifiche, piazzamenti e quant’altro. E qui si pone il primo problema: In base a cosa si viene valutati?
In una gara sportiva non ci sono dubbi, nei 100 metri vince chi corre più veloce, negli sport di squadra vince chi segna più punti, ma nell’arte?
Ci sono sicuramente dei parametri oggettivi, (precisione tecnica, intonazione, velocità di esecuzione), ma molti parametri sono soggettivi, infatti da parte dei giudici in TV si sente spesso dire “mi sei arrivata/o” o viceversa “non mi sei arrivata/o”.
La capacità di emozionare è fondamentale per chi suona o canta, ma non è giudicabile con parametri fissi, inoltre ciò che emoziona una persona non è detto che ne emozioni in egual misura un’altra. Siamo tutti diversi e unici.
Ho fatto questa lunga premessa per arrivare a quello che mi sta più a cuore. Avendo partecipato recentemente come opinionista e giudice ad un reality su musica e danza, ho avuto modo di osservare da vicino i giovani concorrenti, e ho potuto vedere come per qualcuno di loro sia stata un’esperienza bella e gratificante, e per altri sia stata causa di sofferenza.
La differenza tra questi due modi di vivere l’esperienza è quasi sempre determinata dalle aspettative (come in molte esperienze di vita).
Quindi quando mi viene chiesto se è opportuno partecipare (o far partecipare il proprio figlio) a queste esperienze io dico sempre e solo una cosa: se ti senti di farlo, fallo, ma è importante che tu la viva solo come una competizione con te stesso/a. Cosa voglio dire? Che se dopo la performance (provino, selezione, etc) sei soddisfatto di quello che hai fatto e ti sei divertito, hai vinto. Indipendentemente dal responso di chi deve giudicare, che ha numerosi parametri spesso poco attinenti alla musica, come presenza scenica, telegenicità, etc etc.
E se dopo aver partecipato, non sei soddisfatto, prendila come un’occasione di crescita, e ripresentati alla prossima edizione, dove potrai far tesoro dell’esperienza acquisita e fare un passo avanti nella gestione dell’ansia e dell’emotività.
A parer mio, partecipare con questo spirito può essere un’ottima e formativa esperienza. Viceversa, partecipare con l’idea di dover impressionare i giudici, o peggio, con l’idea di cercare una conferma delle proprie sicurezze nel giudizio altrui (che come ho già avuto modo di dire sarà sempre e comunque parziale e incompleto), potrebbe essere psicologicamente dannoso.
Potrei concludere dicendo: ben venga l’occasione di confronto, la gara invece, lasciamola allo sport!
Paolo Sportelli